Quando andrò in pensione?

pensionatoEcco la domanda da 100 milioni di dollari, quella per la quale sembra non esserci una risposta certa, quella che, data l’importanza, si teme quasi di sentire la risposta. Intanto speriamo che si riesca ad andarci in pensione, ossia che si possa trovare e mantenere un lavoro stabile con i contributi pagati che  possano assicurare un futuro sereno perlomeno sul lato economico.

Ok, detto questo vediamo quando si andrà in pensione, ovviamente mi riservo di dire che questo articolo si autodistruggerà automaticamente non appena un’altra ulteriore novità sull’argomento riporterà polemiche, dibattiti e tanto altro ancora. Vediamo il presente.

Attualmente occorre basarci sulla riforma pensionistica, partita dal 1 gennaio 2013 per mano del Ministro Elsa Fornero, la Legge 92/2012 che lascia non poche perplessità. Le novità di questa legge prevedono un innalzamento dell’età pensionistica e un adeguamento all’aspettativa di vita, in parole semplici si andrà in pensione più tardi e, aumentando l’aspettativa di vita, più giovani siete più tardi in pensione andrete. E’  prevista inoltre una “parificazione” rispetto ad uomini e donne che avverrà in maniera “graduale”. Altra novità, ma dovrebbe essere “temporanea” riguarda il blocco delle rivalutazioni per alcune pensioni.

Vediamo insieme nel dettaglio quali sono le novità principali e, soprattutto alcune date ed alcuni numeri.

Intanto la prima novità riguarda lo stop alle rivalutazioni delle pensioni che superano i 1.443 E lordi, quindi l’incremento del 3% previsto come rivalutazione monetaria riguarderà solo le pensioni che non superano questa soglia. Primo punto che ha suscitato non poche polemiche ma che però dovrebbe riguardare solo l’anno in corso e che quindi dovrebbe scomparire nel 2014.

Ma ora parliamo di date, di anni di contributi, di età pensionabili. Elementi, tutti, che rappresentano la vera rivoluzione rispetto al passato.

Quindi chi va in pensione nel  2013

-potrà farlo se avrà 42 anni e 5 mesi di contributi (uomini) 41 anni e 5 mesi (donne), indipendentemente dall’età anagrafica. Chi però non ha ancora compiuto 62 anni avrà delle penalizzazioni pari ad un taglio dell’1% sull’assegno maturato per ogni anno che precede il compimento dei 62 anni e del 2% per ogni anno che precede il compimento dei 60.

Le modifiche che il governo introdurrà a fine estate dovrebbero anche prevedere una maggiore flessibilità che consenta di scegliere il ritiro anticipato e quindi di andare in pensione, con una bella penalizzazione, prima dei 66 anni e di rimanere al lavoro anche dopo il raggiungimento dell’età pensionabile con una maggiorazione sull’assegno che dovrebbe essere del 2% a raddoppio per ogni anno di lavoro in più

Le nuove pensioni di anzianità sostituiranno le pensioni anticipate e anche per questo settore, rispetto al 2012, sono previsti ulteriori 3 mesi prima di accedervi.

Con le pensioni di anzianità  si può, dopo aver raggiunto una determinata soglia, mettersi a riposo indipendentemente dagli anni contributivi.

Se dovete andare in pensione nel corso 2013 sappiate che:

le donne potranno andare in pensione di vecchiaia ancora con almeno 62 anni e tre mesi (63 anni e 9 mesi se lavoratrici autonome) e gli uomini con 66 anni e tre mesi. Si potrà andare in pensione anticipata solo se si sono maturati minimo 42 anni e 5 mesi di contributi se uomini e 41 anni e 5 mesi per le donne.

Le donne che andranno in pensione nel 2014:

-dovranno avere almeno 63 anni e 9 mesi se dipendenti e 64 anni e 9 mesi se lavoratrici autonome. Le dipendenti che hanno  compiuto 60 anni entro il 2012, potranno andare in pensione a 64 anni e 7 mesi.

Per quel che riguarda gli uomini che andranno in  pensione di vecchiaia sono sufficienti 66 anni e 3 mesi (a fronte dei 66 anni con cui si è usciti fino a fine 2012), ma per la pensione anticipata ci vorranno 42 anni e 5 mesi di contributi.

Altra novità è la cosiddetta salvaguardia che prevede che dal 2021 per tutti, indipendentemente dal sesso, dal settore (pubblico o privato) per avere la pensione di vecchiaia si dovranno avere almeno 67 anni di età , anche se questo traguardo non fosse raggiunto per mezzo degli adeguamenti alla speranza di vita. In sostanza il limite anagrafico fissato inderogabilmente per 67 anni

Vediamo le nuove soglie:

– impiegati pubblici (uomini e donne): 66 anni e 3 mesi,

– donne lavoratrici autonome: 63 anni e 9 mesi

– donne dipendenti delle aziende private: 62 anni e 3 mesi.

Le soglie di vecchiaia saranno inversamente proporzionali alle aspettative di vita quindi i giovani possono già “mettersi l’anima in pace” e considerare la data del sospirato riposo sempre più lontana. Le donne, entro il 2018, raggiugeranno i medesimi requisiti dell’uomo. Abbiamo voluto la parita dei diritti?

Per quel che riguarda i giovani ecco alcuni esempi che ben rendono l’idea di quanto prospettato nella riforma:

la classe 1956 potrà andare in pensione nel 2023, all’età di  67 anni e 5 mesi;

la classe 1966 potrà andare in pensione tra il 2034 e il 2035, a 68 anni e 8 mesi;

la classe 1976 potrà andare in pensione tra il 2045 e il 2046 a 69 anni e 8 mesi;

la classe 1986  potrà andare in pensione nel 2056, a 70 anni e 6 mesi.

Altrà novità è che il lavoratore, se lo desidera, potrà lavorare fino a 70 anni e 3 mesi e non più fino a 65 anni, come prevedeva il vecchio sistema.

Se pensate di declinare la gentile offerta con un “no grazie sono sazio” sappiate che nel 2065 l’offerta sarà ancora più “generosa” perchè si potrà lavorare fino a 75 anni. Che dire?

Se pensate di essere troppo colpiti dalla riforma pensate che è andata peggio agli esodati ossia per quei lavoratori che in promissità della pensione hanno stipulato un accordo con il datore di lavoro e che, con la riforma Fornero che ha innalzato l’età pensionabile, si sono trovati, come si dice, a mani vuote. Ossia senza né stipendio né pensione. Tra gli esodati (il cui numero preciso non è dato sapere ma sono circa 350 mila) ci sonoi famosi “quota 96” ossia i lavoratori della scuola che, nonostante i  61 anni di età e i 35 di contributi, non sono riusciti ad andare in pensione perchè la legge Fornero non ha tenuto in considerazione che l’anno scolastico termina il 31 agosto e non il 31 dicembre dell’anno solare.

Torniamo alla domanda di origine: quando andrò in pensione?

Intanto consigliamo di verificare la propria situazione contributiva direttamente nel sito dell’inps al quale si potrà accedere con un codice pin richiedibile direttamente allo sportello o via mail. Dal sito, in modo semplice ed intuitivo, si può verificare la propria situazione contributiva in maniera chiara e dettagliata.

Una volta verificati contributi e anni di lavoro non resta che attendere la fine dell’estate per la precisione a settembre, data del nuovo appuntamento per la discussione della riforma delle pensioni per il governo Letta, riforma che dovrebbe poi essere efficace già dal 2014; Fino a quella data è un pò tutto un’incognita e seppure non ci si aspettano importani stravogimenti ma solo leggere modifiche occorre, si spera che, rispetto alla legge attuale vengano ridotti i termini sia contributivi che anagrafici per accedere al meritato riposo.

Ma sostanzialmente la domanda può avere questa risposta: la decorrenza della propria pensione sarà inversamente proporzionale alla giovinezza della persona: più sei giovane più tardi andrai in pensione in quanto le prospettive di vita si alzano, quindi si vive di più e si può, di conseguenza, lavorare di più. La flessibilità che il governo dovrebbe prevedere nel decreto consentirà di anticipare o di  posticipare il momento della pensione a fronte, nel primo caso,  del pagamento di una penale e, nel secondo caso, dell’accredito di un incentivo che dovrebbe “andare a raddoppio” anno dopo anno.

Ecco alcuni link sui quali potrete verificare la situazione pensionistica e contributiva (sito Inps) e leggere il testo della Legge 92/2012 che regola la materia (sito Governo dei Ministri). Potete altresì fare un calcolo, inserendo i dati richiesti, su quella che sarà la data, secondo la nuova normativa, della vostra pensione, ma il conteggio può essere fatto solo se attualmente si sta ancora lavorando.

www.inps.it

http://www.lavoro.gov.it/

http://www.consulmen.it/

Chi vuole integrare la propria futura pensione o chi vuole anticipare l’età del meritato riposo può optare per una pensione integrativa che prevede, a fronte di un versamento (mensile o in un’unica soluzione) l’erogazione, dopo un tot di anni, di una rendita o di un capitale.

Si tratta di vere e proprie forme di previdenza che garantisono una certa disponibilità in età pensionabile; la scelta del piano previdenziale è personalizzabile e viene fatto suelle specifiche esigenze del contraente. L’attività lavorativa, o non lavorativa (perchè può ovviamente essere stipulata anche dai disoccupati) è indifferente e così anche la situazione contributiva.

Le pensioni integrative possono essere stipulate nelle diverse compagnie assicurative, negli Uffici Postali, negli Istituti Bancari. Direttamente in fase di stipula si può avere un prospetto di quanto e quando si andrà a riscuotere.

Le soluzioni sono tante e diverse, l’importante è leggere attentamente le clausole (se è prevista la possibilità di interrompere i versamenti, se si può riscuotere quanto versato prima dei termini etc) Nella “peggiore” delle ipotesi verrà definito un range (cifra minima e cifra massima) dentro il quale si troverà l’importo che, a tempo debito, sarà erogato. Insomma, rispetto alle pensioni Inps le pensioni private (pensioni integrative) sembrano offrire dati (e soprattutto date) più certi.

 

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