Purtroppo capita a tutti, fa parte della vita e spesso la segna inevitabilmente. Perdere una persona cara rappresenta un evento traumatico, doloroso, talvolta insopportabile. Un qualcosa capace a volte di modificare anche il nostro carattere e qualcosa da cui nessuno di noi è immune. Come reagire quando perdiamo una persona cara?
Non è facile dare suggerimenti su come elaborare il lutto, anche perché moltissimo dipende da noi e anche dal contesto in cui viviamo dalle persone che abbiamo accanto. Ci sono persone che non riescono ad attraversare il periodo buio, altre che invece seguono quello che è il ciclo del dolore e arrivano ad accettarlo.
Altre ancora che lo sotterrano ben bene per poi magari farlo esplodere dopo anni.
Cos’è il lutto
Vediamo intanto di analizzare questa parola così tetra così scura: lutto. Il lutto è il sentimento di intenso dolore che si prova per la perdita, generalmente, di una persona cara. Ma si può parlare di lutto anche per altri tipi di perdite. Qui parliamo del lutto inteso come morte di un caro.
Elaborare il lutto significa rielaborare emotivamente tutti il vissuto legato alla perdita della persona con la quale si era sviluppato un legame affettivo significativo, interrotto dalla morte della stessa.
Non si può parlare di tempistica in quanto il processo di elaborazione del lutto dipende anche dall’intensità del legame affettivo interrotto, dalle modalità con le quali si è interrotto, e da altri fattori, quindi può variare di sia in termini di durata che di complessità. E’ fortemente soggettivo ma generalmente, nella sua fase acuta, viene completato entro 6-12 o anche 24 mesi in caso di perdite di figure relazionali primarie anche se sono possibili sequele per periodi successivi.
Le teorie di Freud e di Elisabeth Kubler Ross
Per meglio comprendere le dinamiche mentali del lutto voglio citare i lavori di grandi come Freud ed Elisabeth Kübler-Ross, che, posso dirlo per esperienza personale, mi ha aiutato attraverso i suoi libri che sono stati per me come una mano tesa.
Secondo Freud l’elaborazione del lutto si può suddividere in tre fasi: la fase di diniego nella quale si rifiuta la realtà della perdita, la fase di accettazione nella quale si ammette la perdita e la fase di distacco con la capacità di poter investire su altre persone, interessi o attività.
Ogni società ha dei riti che favoriscono l’elaborazione del lutto, che può essere anche molto lunga. Quando però l’elaborazione del lutto non viene compiuta, allora subentra la depressione. Ed il dolore del lutto diventa malattia.
Elisabeth Kübler-Ross ci parla invece del suo modello a cinque fasi, elaborato nel 1970, che esamina le dinamiche mentali più comuni della persona alla quale viene diagnosticata una malattia terminale, dinamiche comparabili anche nel caso in cui si debba elaborare un lutto affettivo o ideologico.
È un modello a fasi, e le fasi possono alternarsi e ripresentarsi più volte, con varia intensità e senza un ordine preciso, questo perché le emozioni non seguono regole ma, come si manifestano, così svaniscono, magari miste e sovrapposte.
C’è la fase della negazione o del rifiuto impiegata come meccanismo di difesa il rigetto della realtà necessaria per prendersi il tempo necessario a organizzarsi.
C’è la fase della rabbia , la fase della contrattazione o del patteggiamento, la fase della depressione, la fase dell’accettazione.
Vorrei sottolineare che la sua esperienza di scienziata l’ha condotta alla convinzione che la morte non sia la fine di tutto, come esprime chiaramente in tutti i suoi libri.
La Tirannia del Sorriso del Dr. Cesar Bertacchini
Quindi come elaborare il lutto? Come reagire davanti alla morte di una persona cara? Da quel che affermano gli scienziati attraversando le diverse fasi si dovrebbe uscire dal tunnel. Vorrei citarvi un medico oncologo molto famoso in Argentina il Dr. César Bertacchini, lui cura corpo ed anima. Ecco cosa scrive nella sua Tirannia del Sorriso (ho tradotto il più fedelmente possibile)
“Sembra che nella nostra cultura oggi giorno esistono emozioni che valgono più di altre, in tal senso, il sorriso è diventato il paradigma delle “belle emozioni”.
Viviamo in un momento di boom di emozioni positive che ci esponiamo alla tirannia di queste.
Ogni giorno ci invitano a sorridere, come se il sorriso fosse la soluzione ad ogni problema.
Ma il sorriso nell’espressione delle emozioni ha valore solo quando queste sono autentiche, per questo esprimere un sorriso quando non è sentito, non porta da nessuna parte, anzi può addirittura nuocere, perché essere positivi “per decreto” ci porta alla falsità.
Nella vita si alternano momenti di maggiore o minore gioia. La cosa sana è vivere emozioni conformi alla situazione che stiamo vivendo, la cosa più logica è che in un momento di lutto, o nell’affrontare una diagnosi di una malattia grave, si senta tristezza, depressione, angoscia, paura ecc.
Diventa patologico restare intrappolati in un’emozione prefabbricata e impedire che scorra l’emozione in linea con il momento vitale.
Nella nostra cultura il dolore psichico si cela perché crediamo che ci possa portare alla depressione, ma è l’esatto contrario: ci deprimiamo perché fermiamo il flusso spontaneo dei nostri sentimenti, o pretendiamo di passare per alto ciò che fa male.
Proprio come rimanere bloccati nel dolore è insano, lo è anche restare nel “positivo”, perché in entrambi i casi facciamo una scelta che ci impedisce di sperimentare le emozioni in base a ciò che la vita ci porta.”
Io direi che le parole del Dr Bertacchini siano le parole più belle del mondo: ogni stato d’animo è importante e va vissuto appieno. La felicità non ha più valore della tristezza. Quindi il dolore e la tristezza che si provano, ovviamente, in un momento di lutto, vanno vissuti appieno. Solo così si evita di restare intrappolati in una rete di false emozioni. L’importante, come ribadisce questo medico, è non restare intrappolati in questi sentimenti e viverli per il giusto periodo.
Questa premessa è importante perché si deve innanzitutto fare comprendere che vivere un lutto e soffrirne è NORMALE e giusto. Poi ognuno di noi a seconda del proprio contesto potrà trovare conforto in cose diverse: la fede per i credenti ad esempio, aiutare gli altri, etc etc.
Le frasi che ci sentiamo dire sono tante e posso dire che tra tutte ce n’è una vera: il tempo guarisce quel dolore così insopportabile. Non si dimenticherà mai ma si trasformerà in qualcosa di diverso e di meno doloroso. Nei casi in cui ciò non avvenga, nei casi in cui il lutto non viene elaborato, allora sarebbe opportuno rivolgersi a qualcuno che possa aiutarci. Non c’è nulla di male, non c’è nulla di strano o di anomalo, i medici sono apposta li anche per questo.
E ora concedetemi una piccola parentesi, vorrei dirvi come sono uscita dal mio grave lutto. L’ho fatto leggendo i libri della Dott.sa Elisabeth Kübler-Ross , abbracciando le sue teorie secondo le quali la morte null’altro è che un passaggio. Sono rimasta affascinata dalle sue parole che nulla hanno a che fare con la religione ma che mi hanno dato quel conforto di cui tanto avevo bisogno. Aggiungo che la vita in questi tanti anni senza avere accanto mia sorella mi ha dato altre cose che la rendono degna tutti i giorni di essere vissuta. Vorrei dire che si torna a sorridere, anche se nel momento del lutto pare impossibile che ciò avvenga. E il sorriso sarà reale e sincero se sarà fatto al momento giusto e non a comando. Ho pianto tanto quando era il tempo di piangere, poi mi sono asciugata le lacrime, mi sono rialzata in piedi a testa alta per non perdere di vista la meta (che è facile perdere di vista) e ho proseguito la mia strada, sempre con lei accanto.