Attualmente stiamo vivendo quella che l’ Organizzazione Mondiale della Sanità definisce “un’emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale”, il protagonista è il nominatissimo COVID 19, un virus molto che ha una rapida diffusione e che ha portato a situazioni di allerta fuori dal comune, non vediamo l’ora che questo incubo volga al termine e che l’emergenza finisca.
Il nostro Paese è tra quelli con più casi conclamati, per questo motivo l’Italia intera il 9 marzo 2020 è stata decretata zona rossa. Da quel giorno sono cambiate molte cose: le nostre abitudini e la nostra quotidianità sono state stravolte. Tra le misure per contrastare il Covid 19 c’è il distanziamento sociale associato all’utilizzo delle mascherine, all’uso di guanti, alle limitazioni delle uscite da casa per motivi essenziali.
Il virus colpisce indistintamente giovani ed anziani, ci sono molti casi asintomatici e sono proprio questi i casi che più preoccupano: questo perché il fatto di non presentare sintomi può erroneamente (e pericolosamente) rassicurare quelli che, in realtà sono portatori del virus. Per questo è fondamentale che tutti rispettino scrupolosamente le misure dettate dal Decreto.
Una delle domande che più si sente fare in questo periodo è relativa al tampone faringeo, a tal proposito ci sono state (e ci sono tutt’ora) polemiche e discussioni al riguardo. Vediamo allora a cosa serve e quando fare il tampone per il Covid 19.
Che cos’è il tampone faringeo
Il tampone faringeo è un test diagnostico che consiste nel prelievo di materiale biologico dalla faringe per mezzo di un bastoncino monouso che somiglia ad un cotton fioc più grande.
Si inserisce il tampone nel cavo orale, si preleva il campione di materiale biologico con dei movimenti delicati (è ovviamente un’operazione che esegue personale sanitario), si invia il campione in laboratorio.
Il test non è invasivo, è indolore e rapido e consente di sapere se il paziente ha contratto la malattia.
Come vengono analizzati i tamponi?
Il campione viene analizzato esclusivamente nei laboratori diagnostici di riferimento regionale.
L’analisi del tampone viene eseguita dai tecnici di laboratorio ed è atta ad individuare eventuali porzioni di codice genetico del nuovo coronavirus: nel caso in cui il codice genetico venga individuato, il tampone risulterà positivo, in caso contrario, il risultato sarà negativo.
L’analisi del campione richiede circa 4 -6 ore: in caso di risultato positivo si dovrà ripetere l’esame per la conferma definitiva.
In caso di primo risultato positivo il campione dovrà seguire un iter ben preciso: viene inviato fisicamente (tramite i Carabinieri dei Nas) all’Istituto, viene preso in consegna viene sottopposto ad un test di circa 4-5 ore che preveder l’estrazione dell’Rna e l’amplificazione della quantità del genoma del virus SARS-CoV-2 eventualmente presente.
Cosa fare se si risulta positivi al tampone per il coronavirus?
Innanzitutto è bene chiarire che risultare positivi al test per il coronavirus non equivale ad essere malati ma significa che siamo entrati a contatto con il virus. I sintomi potrebbero non manifestarsi o manifestarsi in modo lieve, oppure si potrebbero presentare sintomi più marcati. In ogni caso è indispensabile seguire il corretto iter: l’isolamento e seguire le indicazioni che verranno fornite dal personale qualificato.
E’ bene sottolineare che, in nessun caso, bisogna recarsi autonomamente al pronto soccorso o dal proprio medico curante.
Ovviamente, il tampone viene eseguito anche in caso di ricovero ospedaliero, se il paziente mostra sintomi riconducibili a COVID-19.
Chi deve effettuare il tampone?
Il tampone generalmente viene eseguito su soggetti con sintomatologia a rischio. Ad oggi non è possibile sottoporsi privatamente ad analisi o test per sapere se si è contratto il Covid 19 e non ci sono kit in commercio per accertare in modo autonomo la presenza di COVID-19.
Non ci resta che aspettare, attenersi alle regole, seguire tutte le indicazioni e non scoraggiarsi.